Il viaggio di Michael Pellegatti in "Una foresta che muore"

Il cuore e Dio. Sono queste le linee guida di Michael Pellegatti, vere fonti d’ispirazione del suo operare. Regista statunitense e autore del documentario “Death of a Forest”, Michael ha iniziato presto a capire quali fossero le sue particolari inclinazioni: “Ho sempre amato la creatività che si nasconde dietro al racconto di una storia e 21 anni fa ho scoperto il grande cinema. Essere in grado di combinare voci e musica con immagini in movimento per raccontare una storia è il modo migliore di raggiungere e informare uno spettatore”.

 

Ma ci sono spettatori e spettatori ci spiega Michael: “Nel caso di un film il pubblico siede in poltrona per divertirsi e questo lo porta a tollerare anche una trama imprecisa. Una persona che invece guarda un documentario è lì per essere informata, dunque la verità deve essere raccontata con la massima precisione e con una trama il più avvincente possibile”. Film di successo quelli di Michael, ma qual è il segreto di un buon documentario secondo te? “Sono diversi i fattori che determinano la buona riuscita di un film. Un argomento interessante è essenziale, seguito dalla capacità di tradurre la storia sullo schermo. Poi un bel contributo è dato anche dalla fotocamera e da un audio pulito”.

 

Ma la tecnica non è tutto in un film! Le tematiche sociali e di grande attualità sono il “pane” di Michael. Il suo documentario infatti affronta il serio problema dei cambiamenti climatici che minacciano la vita sulla terra. Qual è esattamente la storia che racconti in “Death of a Forest”? “Con il riscaldamento globale evidente in molte parti del mondo, le foreste del Nord America sono in fase di enormi cambiamenti. Il coleottero e i pini si sono evoluti insieme negli ultimi due e tre decenni. Il numero di questi insetti parassiti è stato tenuto sotto controllo da inverni molto freddi, che hanno ridotto il loro periodo di vita e la loro capacità di riprodursi. Ma con temperature più alte in inverno le larve sopravvivono in numeri impressionanti e distruggono le foreste dell’ovest di Stati Uniti e Canada”.

 

“Oggi milioni di acri di foreste e miliardi di alberi sono morti e non si riesce a prevedere la fine di questo fenomeno. Insieme alle foreste – continua Michael - perdiamo la loro enorme capacità di assorbire i gas serra e in più gli alberi morti rilasciano altra anidride carbonica nell’atmosfera.  Alcune stime prevedono che entro il 2013, l'80% delle foreste del Nord America potrebbe andare distrutto”. Dati allarmanti certo, ma per capirne di più non ci resta che vedere il documentario di Michael che verrà proiettato il 12 ottobre.

Francesca Nera